Il TRAPIZZINO A MILANO: LA NOSTRA RECENSIONE
Il TRAPIZZINO A MILANO: LA NOSTRA RECENSIONEAssaggi
Dovrei decisamente vergognarmi. Dieci anni di Trapizzino, dieci anni da quell’idea geniale partorita dalle menti di Stefano Callegari e Paul Pansera, dieci anni che lo rincorro, senza mai riuscire ad assaggiarlo. Poi finalmente l'apertura a Milano. E il godimento.
Come prego, Non sapete cos’è il Trapizzino? Allora non sono il solo a doversi vergognare! Suvvia, si scherza...
Nel 2008 quel gigante gentile di Callegari, ormai noto in suolo romano grazie al successo delle sue pizzerie Sforno, Tonda e Sbanco, teorizza l'incontro tra “pizza” e “tramezzino”. Nello specifico, una base di pizza bianca con lievito madre (ma sarebbe più corretto dire “focaccia”, vista l’ulteriore lievitazione in teglia dopo la stesura), cotta in un forno elettrico Moretti e dall’impasto molto idratato per renderne agevole un successivo rinvenimento in forno. Tagliata in quadrati, poi in triangoli (da qui l’associazione al tramezzino), ripassata in forno e farcita con ben 36 ricette “da tegame”, tra le più storiche e tipiche di Roma e non solo.
Il format di Milano, in Via Marghera 12, è quello del Trapizzino Caffè e Vineria, piccolo ma dinamico, operativo già per la colazione del mattino, tra dolci e rivisitazione di gelati per l’estate; ogni giorno, tramite delle insegne luminose, sono previsti 8 diversi Trapizzini fra i 36 in carta, per il corretto costo di 4 € l’uno, e i rinomati supplì, anch’essi a rotazione, tra cui classico, al tortellino e aglio&olio. Generosa anche la carta dei vini, una quarantina di etichette, molto meno profonda quella delle birre.
Un locale oltremodo piccolo, con pochi posti a sedere; del resto il Trapizzino è noto anche come “scarpetta da passeggio”, complice la sua natura da street food.
Parto da qualche supplì (2 €): croccantissima e asciutta la frittura, sbalorditivo quello al tortellino, mentre rimane un po’ nell’ombra il classico, dal gusto poco rotondo e leggermente “erbaceo”. Ma il pensiero è già al trapizzino.
Ho voluto iniziare dal pollo alla cacciatora, il primo, l’originale e ad oggi il più amato e venduto: succulento, godurioso, un matrimonio a dir poco perfetto con il triangolo di soffice pizza bianca, quasi aspettassero solo di essere accostati. Ottimo anche quello con la polpetta al sugo, forse un po’ complicato da gestire a causa dell’enorme polpettona sporgente; avrei voluto assaggiare la coda alla vaccinara, il preferito di Callegari, ma il neon era tristemente spento causa esaurimento. Da morsi rubati ai Trapizzini di chi mi accompagnava, vi narro però inestimabili beltà anche per parmigiana di melanzane, doppia panna e lingua in salsa verde.
Un’esperienza gustativa strabiliante, interrotta da qualche evidente difetto organizzativo: nonostante il locale non fosse assolutamente pieno abbiamo registrato non poche dimenticanze, ordini sbagliati, e corposi tempi di attesa. Un servizio insomma, per quanto cordiale, che deve ancora uscire dal rodaggio dell’apertura.
Ma detto ciò, il mio invito spassionato è quello di correre a insozzarvi la camicia con una serie intramontabile di Trapizzini. Sì, una serie, perché sotto i tre trapizzini non siete nulla!
Come prego, Non sapete cos’è il Trapizzino? Allora non sono il solo a doversi vergognare! Suvvia, si scherza...
Nel 2008 quel gigante gentile di Callegari, ormai noto in suolo romano grazie al successo delle sue pizzerie Sforno, Tonda e Sbanco, teorizza l'incontro tra “pizza” e “tramezzino”. Nello specifico, una base di pizza bianca con lievito madre (ma sarebbe più corretto dire “focaccia”, vista l’ulteriore lievitazione in teglia dopo la stesura), cotta in un forno elettrico Moretti e dall’impasto molto idratato per renderne agevole un successivo rinvenimento in forno. Tagliata in quadrati, poi in triangoli (da qui l’associazione al tramezzino), ripassata in forno e farcita con ben 36 ricette “da tegame”, tra le più storiche e tipiche di Roma e non solo.
Il format di Milano, in Via Marghera 12, è quello del Trapizzino Caffè e Vineria, piccolo ma dinamico, operativo già per la colazione del mattino, tra dolci e rivisitazione di gelati per l’estate; ogni giorno, tramite delle insegne luminose, sono previsti 8 diversi Trapizzini fra i 36 in carta, per il corretto costo di 4 € l’uno, e i rinomati supplì, anch’essi a rotazione, tra cui classico, al tortellino e aglio&olio. Generosa anche la carta dei vini, una quarantina di etichette, molto meno profonda quella delle birre.
Un locale oltremodo piccolo, con pochi posti a sedere; del resto il Trapizzino è noto anche come “scarpetta da passeggio”, complice la sua natura da street food.
Parto da qualche supplì (2 €): croccantissima e asciutta la frittura, sbalorditivo quello al tortellino, mentre rimane un po’ nell’ombra il classico, dal gusto poco rotondo e leggermente “erbaceo”. Ma il pensiero è già al trapizzino.
Ho voluto iniziare dal pollo alla cacciatora, il primo, l’originale e ad oggi il più amato e venduto: succulento, godurioso, un matrimonio a dir poco perfetto con il triangolo di soffice pizza bianca, quasi aspettassero solo di essere accostati. Ottimo anche quello con la polpetta al sugo, forse un po’ complicato da gestire a causa dell’enorme polpettona sporgente; avrei voluto assaggiare la coda alla vaccinara, il preferito di Callegari, ma il neon era tristemente spento causa esaurimento. Da morsi rubati ai Trapizzini di chi mi accompagnava, vi narro però inestimabili beltà anche per parmigiana di melanzane, doppia panna e lingua in salsa verde.
Un’esperienza gustativa strabiliante, interrotta da qualche evidente difetto organizzativo: nonostante il locale non fosse assolutamente pieno abbiamo registrato non poche dimenticanze, ordini sbagliati, e corposi tempi di attesa. Un servizio insomma, per quanto cordiale, che deve ancora uscire dal rodaggio dell’apertura.
Ma detto ciò, il mio invito spassionato è quello di correre a insozzarvi la camicia con una serie intramontabile di Trapizzini. Sì, una serie, perché sotto i tre trapizzini non siete nulla!
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8
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