PIZZIUM fa il bis. Ed è vera pizza napoletana a Milano
PIZZIUM fa il bis. Ed è vera pizza napoletana a MilanoAssaggi
Se negli ultimi tre anni la quantità e la qualità della pizza a Milano è cresciuta vertiginosamente, durante gli ultimi mesi abbiamo raggiunti livelli di sovrabbondanza parossistica. Non c'è giorno in cui una saracinesca non apra per accodarsi al fenomeno del momento. Napoletana, semi-napoletana, gourmet, biscottata, alta, bassa, a canotto, con farine sperimentali e condimenti arditi: orientarsi può essere martirizzante.
Nell'affollatissimo panorama cittadino Pizzium, a Via Procaccini, si è conquistata in pochi mesi un successo plebiscitario con una formula solo apparentemente semplice. Locale sobrio e ben congegnato, idee chiare, proposta centrata e un taglio netto alle stravaganze eccessive o ai prezzi da selezione economica darvinista. Qui si mangia una napoletana autentica, soffice, golosa, resa sublime dal tocco di Nanni Arbellini (ex Briscola), che rispetta al massimo la tradizione, ma la libera di qualche esasperazione anacronista. La seconda apertura, in Via Anfossi, non si è fatta attendere. E il livello appare il medesimo. Anche grazie alla bravura in sala e al forno di Dimitri e Nanni, giovani con lo sguardo sveglio e la mano felice.
Le pizze rispettano la geografia nazionale, nel senso che ognuna rende omaggio ai prodotti tipici di alcune regioni italiane, ma ovviamente non mancano margherita e marinara. Resisto all'idea di affondare le mascelle nella laziale e nell'abruzzese - rispettivamente un tributo alla carbonara e all'amatriciana - perché mi sono prefisso una settimana antiguanciale e mi riverso sull'intramontabile salsiccia, friarielli e provola affumicata. E si gode. Tantissimo. L'impasto è davvero perfetto: una classica 00 con una lievitazione mai superiore alle 18 ore, ma con un'idratazione molto più spinta rispetto al panetto classico partenopeo. Il morso appare infatti leggiadro, grazie a una cottura inattaccabile. La digestione agevole, nonostante i miei abusi.
Di grandissimo livello anche la margherita, dall'equilibrio e dal sapore mirabile. Non pago affondo i denti anche in una pugliese: la stracciatella ha una grassezza e una dolcezza ruffiana il giusto, che ben si sposa con il pomodorino giallo, forse le manca quel pizzico di sapidità che smuova a fondo le papille. Mentre la mangio mi figuro un alice, lo so è abbinamento scontato, ma sempre benvenuto. Ci bevo una Birrium, la birra artigianale prodotta a Opera proprio per la pizzeria. Sono uomo da vino anche con la pizza, o da Pils, e la luppolatura muscolare la trovo un tantino invadente.
Non prendo mai il dessert, figurarsi in pizzeria, poi vedo il babà. Non posso dire no al dolce della mia infanzia e scopro che a Milano è possibile trovarne uno fatto ad arte. Lo mangio felice. Esco satollo all'inverosimile, ma per una volta convinto su tutta la linea.
Game, set and match.
Nell'affollatissimo panorama cittadino Pizzium, a Via Procaccini, si è conquistata in pochi mesi un successo plebiscitario con una formula solo apparentemente semplice. Locale sobrio e ben congegnato, idee chiare, proposta centrata e un taglio netto alle stravaganze eccessive o ai prezzi da selezione economica darvinista. Qui si mangia una napoletana autentica, soffice, golosa, resa sublime dal tocco di Nanni Arbellini (ex Briscola), che rispetta al massimo la tradizione, ma la libera di qualche esasperazione anacronista. La seconda apertura, in Via Anfossi, non si è fatta attendere. E il livello appare il medesimo. Anche grazie alla bravura in sala e al forno di Dimitri e Nanni, giovani con lo sguardo sveglio e la mano felice.
Le pizze rispettano la geografia nazionale, nel senso che ognuna rende omaggio ai prodotti tipici di alcune regioni italiane, ma ovviamente non mancano margherita e marinara. Resisto all'idea di affondare le mascelle nella laziale e nell'abruzzese - rispettivamente un tributo alla carbonara e all'amatriciana - perché mi sono prefisso una settimana antiguanciale e mi riverso sull'intramontabile salsiccia, friarielli e provola affumicata. E si gode. Tantissimo. L'impasto è davvero perfetto: una classica 00 con una lievitazione mai superiore alle 18 ore, ma con un'idratazione molto più spinta rispetto al panetto classico partenopeo. Il morso appare infatti leggiadro, grazie a una cottura inattaccabile. La digestione agevole, nonostante i miei abusi.
Di grandissimo livello anche la margherita, dall'equilibrio e dal sapore mirabile. Non pago affondo i denti anche in una pugliese: la stracciatella ha una grassezza e una dolcezza ruffiana il giusto, che ben si sposa con il pomodorino giallo, forse le manca quel pizzico di sapidità che smuova a fondo le papille. Mentre la mangio mi figuro un alice, lo so è abbinamento scontato, ma sempre benvenuto. Ci bevo una Birrium, la birra artigianale prodotta a Opera proprio per la pizzeria. Sono uomo da vino anche con la pizza, o da Pils, e la luppolatura muscolare la trovo un tantino invadente.
Non prendo mai il dessert, figurarsi in pizzeria, poi vedo il babà. Non posso dire no al dolce della mia infanzia e scopro che a Milano è possibile trovarne uno fatto ad arte. Lo mangio felice. Esco satollo all'inverosimile, ma per una volta convinto su tutta la linea.
Game, set and match.
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