milano capitale: la pizza romana e il supplì di romoletto
milano capitale: la pizza romana e il supplì di romolettoAssaggi
Milano va innegabilmente a ondate. Smaltita la sbornia degli hamburger e diminuito il flusso di crossover etnici (anche se temiamo qualcuno inventi la meringa di pulled pork o il sushi di pizzoccheri), la pizza ha cominciato a dominare in lungo e in largo. Parallelamente si è sviluppata un'attenzione a tutto tondo per la romanità gastronomica, sia in versione street (sua maestà Trapizzino davanti a tutti) che nella ristorazione, con l'arrivo di Felice al Testaccio e Cacio & Pepe Bottega Romana.
Ora grazie a Romoletto siamo di fronte alla pizza in teglia alla romana, gioia e delizia di chi come il sottoscritto ha il sangue capitolino e bestemmia in aramaico antico di fronte all'assenza di offerta di una buona pizza mordi e fuggi a Milano. Un vuoto, solo parzialmente colmato, dagli sporadici punti di Alice Pizza meneghini.
La posizione è praticamente perfetta: siamo in pieno Carrobbio, crocevia di flussi umani e gastronomici intensi e indiscriminati, una delle poche zone milanesi dove si può addentare qualcosa anche fuori dalle ore convenzionalmente legate ai pasti.
La proposta è abbastanza classica, ovviamente per chi conosce bene la specialità: una serie di pizze in teglia con condimenti classici e più ricercati, il tutto rafforzato dalla moderna attenzione alla comunicazione riguardo farine, impasti, idratazione, maturazione (di 48 ore) e digeribilità. Alle basi pomodoro si affiancano anche le bianche alla pala, con un taglio a metà strada tra ricette tradizionali e aperture gourmand.
A un primo assaggio la pizza mi è sembrata centrata e un po' scolastica, ancora priva del salto di livello necessario a fare parlare di se fuori dai circoli del recensismo compulsivo e della frenesia del dover per forza provare l'ennessima nuova apertura milanese, ma siamo sulla buona strada. Anche riguardo i prezzi per una volta (se non siete famelici come un naufrago con 6 euro circa vi sfamate).
L'impasto è corretto e ben alveolato, la base è croccante, discreta la morbidezza interna. Il morso è gustoso anche se la fragranza è un tantino eccessiva, segno probabilmente di un lievitato non particolarmente elastico. Manca un po' di personalità ai condimenti, non tanto negli accostamenti quanto nella definizioni dei sapori. Non a caso questi emergono meglio nei gusti classici che nelle versioni gourmet, termine sempre più evocato a sproposito. Tornerò comunque a riprovare anche perché non sento di poter fare a meno della bianca condita con cicoria ripassata.
Meno centrato l'altro piatto simbolo del cibo di strada romana: il supplì, poco noto lontanto dalla capitale e spesso schiacciato dalla concorrenza dell'arancino/a siciliano. Immancabile in qualsiasi pizzeria o rosticceria romana, per decenni è stato solo concepito nella sua versione classica (riso, ragù e mozzarella), fino a diventare negli ultimi anni il laido scrigno dei più tipici accostamenti romani, come matriciana, cacio e pepe, broccoli e salsiccia, aglio e olio e altre peripezie.
Esperimenti divertenti, alcuni dei quali presenti anche da Romoletto, anche se la pietra angolare di un buon supplì è sempre la qualità della frittura, una delle più complesse in assoluto per la necessità di bilanciare croccantezza esterna e golosa morbidezza interna. Tra i due che ho assaggiato meglio la variante cacio e pepe rispetto a quello classico che scontava una consistenza poco convincente e ragù troppo tirato e sbilanciato sulle sapidità. Fino a poco tempo fa comunque il supplì di Romoletto avrebbe ballato da solo, o in compagnia dell'itinerante Ape Cesare, ma l'altrettante recente apertura del già citato Trapizzino costringe a un netto salto di livello.
Cortese il personale - che ogni tanto propone anche qualche piccolo assaggio agli avventori - debole il comparto bevande: un pugno di bibite e qualche birra pastorizzata. In realtà è coerente con un locale incentrato sulla pizza a taglio, ma probabilmente oggi servono anche un paio di artigianali e magari un paio di vini a bicchiere.
Ora grazie a Romoletto siamo di fronte alla pizza in teglia alla romana, gioia e delizia di chi come il sottoscritto ha il sangue capitolino e bestemmia in aramaico antico di fronte all'assenza di offerta di una buona pizza mordi e fuggi a Milano. Un vuoto, solo parzialmente colmato, dagli sporadici punti di Alice Pizza meneghini.
La posizione è praticamente perfetta: siamo in pieno Carrobbio, crocevia di flussi umani e gastronomici intensi e indiscriminati, una delle poche zone milanesi dove si può addentare qualcosa anche fuori dalle ore convenzionalmente legate ai pasti.
La proposta è abbastanza classica, ovviamente per chi conosce bene la specialità: una serie di pizze in teglia con condimenti classici e più ricercati, il tutto rafforzato dalla moderna attenzione alla comunicazione riguardo farine, impasti, idratazione, maturazione (di 48 ore) e digeribilità. Alle basi pomodoro si affiancano anche le bianche alla pala, con un taglio a metà strada tra ricette tradizionali e aperture gourmand.
A un primo assaggio la pizza mi è sembrata centrata e un po' scolastica, ancora priva del salto di livello necessario a fare parlare di se fuori dai circoli del recensismo compulsivo e della frenesia del dover per forza provare l'ennessima nuova apertura milanese, ma siamo sulla buona strada. Anche riguardo i prezzi per una volta (se non siete famelici come un naufrago con 6 euro circa vi sfamate).
L'impasto è corretto e ben alveolato, la base è croccante, discreta la morbidezza interna. Il morso è gustoso anche se la fragranza è un tantino eccessiva, segno probabilmente di un lievitato non particolarmente elastico. Manca un po' di personalità ai condimenti, non tanto negli accostamenti quanto nella definizioni dei sapori. Non a caso questi emergono meglio nei gusti classici che nelle versioni gourmet, termine sempre più evocato a sproposito. Tornerò comunque a riprovare anche perché non sento di poter fare a meno della bianca condita con cicoria ripassata.
Meno centrato l'altro piatto simbolo del cibo di strada romana: il supplì, poco noto lontanto dalla capitale e spesso schiacciato dalla concorrenza dell'arancino/a siciliano. Immancabile in qualsiasi pizzeria o rosticceria romana, per decenni è stato solo concepito nella sua versione classica (riso, ragù e mozzarella), fino a diventare negli ultimi anni il laido scrigno dei più tipici accostamenti romani, come matriciana, cacio e pepe, broccoli e salsiccia, aglio e olio e altre peripezie.
Esperimenti divertenti, alcuni dei quali presenti anche da Romoletto, anche se la pietra angolare di un buon supplì è sempre la qualità della frittura, una delle più complesse in assoluto per la necessità di bilanciare croccantezza esterna e golosa morbidezza interna. Tra i due che ho assaggiato meglio la variante cacio e pepe rispetto a quello classico che scontava una consistenza poco convincente e ragù troppo tirato e sbilanciato sulle sapidità. Fino a poco tempo fa comunque il supplì di Romoletto avrebbe ballato da solo, o in compagnia dell'itinerante Ape Cesare, ma l'altrettante recente apertura del già citato Trapizzino costringe a un netto salto di livello.
Cortese il personale - che ogni tanto propone anche qualche piccolo assaggio agli avventori - debole il comparto bevande: un pugno di bibite e qualche birra pastorizzata. In realtà è coerente con un locale incentrato sulla pizza a taglio, ma probabilmente oggi servono anche un paio di artigianali e magari un paio di vini a bicchiere.
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