5 REGOLE PER RICONOSCERE UN BUON HAMBURGER

5 REGOLE PER RICONOSCERE UN BUON HAMBURGER
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Mettetevi comodi che iniziamo dalla preistoria della polpetta, poi hamburger, poi hamburger gourmet.

Il panino più famoso al mondo ha origini relativamente recenti. Benché le prime tracce di carne tritata o rimessa in forma si trovino già a partire dal XIII secolo presso i mongoli, c’è chi ne attribuisce le fondamenta tra il 1880 e il 1916, a seguito di invenzioni differenti e di difficile localizzazione storica. Si trattava comunque di fette di pane tradizionale con carne tagliata a strisce o pezzettini, tant’è che la prima vera comparsa del tanto acclamato medaglione di carne macinata posta tra due mezzi buns rotondi è di qualche anno più tardi, intorno al 1940, poco prima della nascita delle grandi catene White Castle, Big Boy e infine McDonald’s.

E’ solo negli anni 2000 tuttavia, grazie al francese Daniel Boulund, che l’hamburger vive un cambiamento sostanziale, acquistando un’accezione differente che lo porta su livelli più elevati, alla quale tutti gli chef cominciano a interessarsi. Dieci anni dopo già la California avrebbe contribuito alla nascita di due categorie di hamburger: da una parte quelli a marchio chef, ribattezzati “hamburger gourmet”, e dall’altra le ricette puriste, più essenziali e semplici, che vanno a costituire i cosiddetti “hamburger fast-food”.

In Italia la vera esplosione risale a pochi anni fa, quando iniziano a fiorire locali specializzati e desiderosi non solo di far qualità, ma di rinnovare l’ambiente street food da troppo soggetto alle speculazioni e all’ideologia di un piatto fondamentalmente confinato nelle ricette “industriali” delle grandi catene quali McDonald’s.

Tuttavia, al contrario di quanto si creda, fare un hamburger non è per niente facile; la localizzazione nell’alta cucina non è infatti casuale, trattandosi di un piatto che ha potenzialmente infinite varianti, tant’è che in USA ogni città vanta la propria ricetta. Dal lato del consumatore, non è sempre facile riconoscere un hamburger realizzato con criterio, ma vi sono alcuni concetti guida da tenere a mente per annoverare i locali tra i più o meno qualitativi.



IL PANE
Il pane non è un semplice contenitore, bensì l’elemento di sostegno dell’intero panino, e per questo motivo deve avere alcune caratteristiche di struttura e consistenza essenziali per conferire il giusto supporto a tutto l’insieme.

Anzitutto, è bene far presente che il suo principale compito è accompagnare ogni morso senza renderlo traumatico. Quindi non deve quindi né essere troppo duro né disintegrarsi completamente una volta toccato dai denti; l’esempio classico di abbinamento all’hamburger è il brioche bun, dotato della giusta morbidezza per garantire tali necessità, ma si trovano ormai ristoranti che utilizzano pani ai cereali, al sesamo o speziati di qualità elevatissima. L’importante è che non si tratti di una preparazione pesante, che possa coprire (sia in termini di gusto che di digeribilità) il resto degli ingredienti. Insomma, più che mai nel primo elemento di analisi è fondamentale l’equilibrio tra sapore e consistenza.

L’hamburgeria Fatto Bene (già arrivata a quattro aperture a Milano) è un calzante esempio della filosofia qui descritta; ogni giorno vengono accuratamente consegnati interi sacchi di prodotto fresco provenienti dal Panificio Grazioli, con tanto di marchio dedicato.



LA CARNE
È inutile girarci intorno: ci può essere un gran pane, dell’ottimo bacon, o del cremosissimo formaggio, ma è la carne il cuore pulsante dell’hamburger, senza la cui qualità non è possibile avere davanti un buon panino. Tuttavia, in mezzo a colate di formaggio fuso, salsa e quant’altro, non è possibile (a meno di non richiederne le certificazioni) distinguere caratteristiche quali la frollatura o la razza di provenienza. Vi sono tuttavia altri indicatori che vanno a definire un ottimo patty.

Di norma se la qualità è ottima non è necessario aggiungere alla macinata nessun tipo di condimento. Sebbene sia di molto uso in America mischiare con Barbecue Sauce, uovo, grattuggiato e altri ingredienti, non c’è nulla che appaghi il palato come la morbidezza pura e semplice di una Fassona, una Chianina o manzo di Lessinia.

Un buon prodotto è quasi sempre lasciato a macinatura grossolana, in modo da mantenere delle sacche interne che preservino i succhi della carne durante la cottura, ma la caratteristica basilare, per quanto scontata, è la freschezza del medaglione. Un patty pre-congelato è di facile riconoscimento, ha un sapore ferroso, duro e che rimane in bocca anche dopo la consumazione, rendendone difficoltosa la digestione. Troppi locali purtroppo, per esigenza di tempo e scorte, utilizzano ancora tale tecnica, minando alla qualità dell’insieme.

Importantissima è poi la percentuale di grasso presente nella macinata, che per portare a preparazioni ottimali deve essere necessariamente tra il 20 e il 30%, al di sotto del cui valore ci si ritrova inevitabilmente dinnanzi ad un hamburger asciutto e di difficile assimilazione, senza contare che perde davvero troppo di sapore.
L’hamburgeria Love Eat, tra le migliori provate, uscendo anche un po' dai soliti nomi e spostandoci verso la provincia, utilizza carne di Manzofassona di almeno 36 mesi, proveniente dalla storica e pluricertificata macelleria Oberto.



LA COTTURA
In quei 5-10 minuti di cottura tutta la qualità, la provenienza e il lavoro di panettiere e macellaio può essere rovinato da pochi ma frequenti sbagli; una piastra a temperatura troppo bassa può rendere legnosa la carne, o bruciare il pane in caso contrario. È un processo delicatissimo, che richiede accortezza ed esperienza: una temperatura tra i 140 e i 180 gradi favorisce la reazione di Maillard, formando quella crosticina tanto ricercata e saporita che innalza le caratteristiche organolettiche del patty, portandole a livelli esponenziali.

Per avere una massima resa inoltre, la cottura non dovrebbe mai prolungarsi più di un “medium rare” per non perdere un eccessivo quantitativo di succhi.

Anche il formaggio deve essere trattato a dovere, sciolto assieme all’hamburger sulla piastra a fine cottura, preferibilmente sotto una cloche o bastardella per innalzarne la cremosità. Il bacon, se presente, non deve essere né crudo né troppo croccante per non frammentarsi eccessivamente al morso.

Sulla tostatura del pane molte sono invece le ideologie: chi lo preferisce puro perché raccolga i succhi della carne, e chi invece lo appoggia sulla piastra per impedire al resto degli ingredienti di minarne la struttura; la verità è che ogni pane ha caratteristiche differenti, ed è compito del ristoratore sfruttarne al meglio le possibilità, decidendo di volta in volta quale tecnica possa accompagnare al meglio il morso.

202 Hamburger & Delicious ha sempre dimostrato un ottima attenzione nella cottura degli ingredienti; osservando la cucina visibile infatti, è facile notare i cuochi perfettamente attenti alla gestione della piastra, mentre impilano alla carne prima il formaggio, poi il bacon e infine la corona del bun, in modo da dare un caldo insieme a tutto l’hamburger.



L’EQUILIBRIO
In un ambiente gastronomico dominato per anni dalle catene fast food, è facile trovarsi davanti a preparazioni che presentino un apporto esagerato in quanto a salse, o a ingredienti forti e coprenti. E tuttavia buona prassi che, trattandosi di un piatto che ha nell’insieme diversi ingredienti, questi si trovino nella giusta misura, sia per non rendere difficoltoso il pasto che per non intaccare la qualità degli altri ingredienti.

Salsa che crolla sul piatto, che “bagna” il pane e la carne, o panini troppo alti per poterli mordere, in una moda che sa molto di “Man vs Food”. Solitamente un buon punto di partenza per distinguere un hamburger equilibrato dal resto della massa arriva dal menù: una salsa ben dosata, formaggio cremoso, un ingrediente croccante e uno morbido per non annoiare il palato e ovviamente la carne, è questa la composizione basilare che, spesso e volentieri, risulta vincente.

Cheezy Weezy fa della semplicità (e occhio, non della banalità) la sua forza. Sul menù difficilmente si notano preparazioni atipiche rispetto ai classici cheeseburger e bacon cheeseburger, ma la minuziosità con cui è curata la composizione dei panini ne fa davvero uno dei migliori locali specializzati di tutta Milano.



L’ACCOPPIAMENTO DEI SAPORI
Certe volte la sperimentazione premia. Ci sono hamburgerie che, senza crollare nel baratro della mancanza di equilibrio, testano e portano sul menù (come fissi o novità settimanali) panini “speciali”, nei quali trovano posto ingredienti stagionali, ricette gourmet e tanto altro. Solitamente, nei locali più attenti, il brainstorming è fondamentale per l’accurato abbinamento e dosaggio di tutto l’insieme, e non è mai facile raggiungere risultati soddisfacenti per sé stessi e per il cliente. Vi sono ottimi ristoranti che puntano tutto solla particolarità e sull’uscita dagli schemi, ma nei quali a volte un hamburger risulta coperto da un solo, distinguibile sapore.

Formaggio in linea con le caratteristiche del panino, mai troppo forte o troppo assente, carne speziata o affumicata per esaltarne la presenza, ingredienti stagionali dalle preparazioni slow food, fritture croccanti per rendere “felice” il morso, e salse ben dosate che non coprano ogni ingrediente, ma soprattutto necessarie solo ed esclusivamente se il loro ruolo non è già stato deciso dagli altri ingredienti.

Love Burgers espone gli hamburger della settimana in comode lavagne. Il suo ultimo successo è dello scorso ottobre, quando il pretesto di Halloween e l’avvento di quel meraviglioso ingrediente chiamato Zucca ha reso necessaria la creazione del Thriller, con Hamburger di Fassona Piemontese, Zucca fritta, Taleggio D.O.P., Cipolla caramellata e Radicchio; un insieme perfettamente bilanciato, nella quale la croccantezza della zucca è smorzata dalla morbidezza degli altri ingredienti, e il gusto morbido dell’ortaggio è sapientemente accompagnato dal taleggio e da una cipolla.
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