Enorme, morbida e digeribile: la nuova pizzeria di Sorbillo a Milano
Enorme, morbida e digeribile: la nuova pizzeria di Sorbillo a MilanoAssaggi
È ufficiale, la pizza ha vinto, Milano è stata colonizzata e ciao ciao hamburger, ti saluto con l’altra mano.
Dopo una lunga fase di assestamento, durante la quale si è cominciato a porre rimedio, a caro prezzo, allo storico calvario lievitativo meneghino, negli ultimi mesi l’asticella si è alzata enormemente.
Al fianco di tante pizzerie gourmet e qualche eccesso di retorica, la parola chiave è stata una sola: Napoli. Milano ne ha sposato la tradizione, importato i nomi più importanti, ricontestualizzandone degnamente l’offerta.
L’ho capito lucidamente pochi giorni fa assestando l’ultimo morso alla gigantesca Antica margherita di Olio a crudo, nuovo apertura di Gino Sorbillo in zona Tortona.
Differentemente da Lievito madre in Duomo, che ha pagato una fase di rodaggio prima di esprimersi ad alti livelli, la nuova pizzeria di Sorbillo è apparsa in forma assoluta sin dalle primissime ore, avvicinandosi moltissimo all’esperienza originale, quella di Via dei tribunali a Napoli.
Il disco infatti è perfetto per aderenza al modello “‘a rota ‘e carretta” e dimensioni, la cottura rapidissima e incandescente (siamo sui 50 secondi scarsi) come da tradizione, le materie prime perfette, come la morbidezza dell’impasto, con le farine 1 di Caputo.
Davvero, per uno abituato a essere ipercritico come il sottoscritto, c’è quasi imbarazzo a tributare tante lodi a una pizza a Milano. Provare per credere.
Non muta il livello azzannando le altre pizze in menù dagli altri piatti del tavolo, specie quella con il salame irpino, mai abbastanza celebrato, o la immancabile Friarielli. Ai DOP/presidio slowfoodisti addicted consiglio un salto sulla Pizza dell’alleanza. Nulla ha la magia dell’equilibrio della margherita, ma il godimento è assicurato.
Il concept classico è impreziosito dall’attenzione ai diversi oli a crudi aggiunti a fine cotture, tutti di qualità diversa ma provenienti dal frantoio Terre Francescane, scelti in abbinamento alla pizza. Forse questa è una sofisticatezza che tocca più le corde della diversificazione che la sostanza, per quanto siano oli fantastici.
Ci sono anche dei primi, ma non ho avuto la forza di provarli, mentre non ho resistito a un fagotto di fiore di zucca ripieno di ricotta. Piuttosto indimenticabile.
Locale piacevole dove tutto gira alla perfezione, dal servizio agli spazi. Usuale carta delle birre e dei vini con 7 referenze ciascuno, prezzi nella media milanese, giustificati però dalla qualità assoluta della proposta.
Dopo una lunga fase di assestamento, durante la quale si è cominciato a porre rimedio, a caro prezzo, allo storico calvario lievitativo meneghino, negli ultimi mesi l’asticella si è alzata enormemente.
Al fianco di tante pizzerie gourmet e qualche eccesso di retorica, la parola chiave è stata una sola: Napoli. Milano ne ha sposato la tradizione, importato i nomi più importanti, ricontestualizzandone degnamente l’offerta.
L’ho capito lucidamente pochi giorni fa assestando l’ultimo morso alla gigantesca Antica margherita di Olio a crudo, nuovo apertura di Gino Sorbillo in zona Tortona.
Differentemente da Lievito madre in Duomo, che ha pagato una fase di rodaggio prima di esprimersi ad alti livelli, la nuova pizzeria di Sorbillo è apparsa in forma assoluta sin dalle primissime ore, avvicinandosi moltissimo all’esperienza originale, quella di Via dei tribunali a Napoli.
Il disco infatti è perfetto per aderenza al modello “‘a rota ‘e carretta” e dimensioni, la cottura rapidissima e incandescente (siamo sui 50 secondi scarsi) come da tradizione, le materie prime perfette, come la morbidezza dell’impasto, con le farine 1 di Caputo.
Davvero, per uno abituato a essere ipercritico come il sottoscritto, c’è quasi imbarazzo a tributare tante lodi a una pizza a Milano. Provare per credere.
Non muta il livello azzannando le altre pizze in menù dagli altri piatti del tavolo, specie quella con il salame irpino, mai abbastanza celebrato, o la immancabile Friarielli. Ai DOP/presidio slowfoodisti addicted consiglio un salto sulla Pizza dell’alleanza. Nulla ha la magia dell’equilibrio della margherita, ma il godimento è assicurato.
Il concept classico è impreziosito dall’attenzione ai diversi oli a crudi aggiunti a fine cotture, tutti di qualità diversa ma provenienti dal frantoio Terre Francescane, scelti in abbinamento alla pizza. Forse questa è una sofisticatezza che tocca più le corde della diversificazione che la sostanza, per quanto siano oli fantastici.
Ci sono anche dei primi, ma non ho avuto la forza di provarli, mentre non ho resistito a un fagotto di fiore di zucca ripieno di ricotta. Piuttosto indimenticabile.
Locale piacevole dove tutto gira alla perfezione, dal servizio agli spazi. Usuale carta delle birre e dei vini con 7 referenze ciascuno, prezzi nella media milanese, giustificati però dalla qualità assoluta della proposta.

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Voto finale
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