Amuse Bouche: piccolo panino, grande godimento
Amuse Bouche: piccolo panino, grande godimentoAssaggi
Ormai Via Savona è la casa gastronomica di Costanza Zanolini. Giovane, spigliata e con le idee chiare, ha aperto, in tempi non sospetti, la sua hamburgeria Hambistro, per poi affiancargli lo street food giapponese di Maido. Non paga, al centro dei due locali ha inserito Amuse Bouche. E a quanto pare ha in serbo delle sorprese nei prossimi mesi.
La sua nuova creatura è un felice mix di Milano 2.0 (legno, atmosfera francese, sapiente miniaturizzazione di ogni cosa, attenzione al servizio) e di derive gourmet, che emergono nella grande attenzione agli ingredienti. A partire dal pane di lievito madre del Forno ambrosiano, tra i migliori mai mangiati in una città severamente avara di panificazione virtuosa.
Mentre mi chiedo quanti morsi dedicare a un francesino di 30 grammi, senza dimostrare di avere fatto il perito industriale nella periferia romana, scopro una serie di abbinamenti centrati e golosi. La soluzione salata, dominante nel vasto menù, prevede una serie di affettati di ottimo livelli accoppiati con gusto ed equilibrio. Ma sono presenti anche insalate e miniporzioni di pasta.
La formula è efficace quanto economicamente scaltra, visto che i più golosi difficilmente si fermeranno prima dei 5-6 assaggi con evidenti aumenti del budget. Si parte infatti dal francesino base di 2.50 euro (hummus, pomodoro e avocado) a salire. Particolarmente riuscita la versione con salame e carciofi grigliata e quello salmone, crèime fraice e erba cipollina. Vasta la scelta vegetariana, anzi vegana, visto che i poveri vegetariani sembrano non esistere più, schiacchiati dall'invadenza ideologica dei secondi.
Tra i dolci vince a mani basse la semplicità devastante del pane e cioccolata, ricordo di adolescenza che non fa prigionieri.
La sua nuova creatura è un felice mix di Milano 2.0 (legno, atmosfera francese, sapiente miniaturizzazione di ogni cosa, attenzione al servizio) e di derive gourmet, che emergono nella grande attenzione agli ingredienti. A partire dal pane di lievito madre del Forno ambrosiano, tra i migliori mai mangiati in una città severamente avara di panificazione virtuosa.
Mentre mi chiedo quanti morsi dedicare a un francesino di 30 grammi, senza dimostrare di avere fatto il perito industriale nella periferia romana, scopro una serie di abbinamenti centrati e golosi. La soluzione salata, dominante nel vasto menù, prevede una serie di affettati di ottimo livelli accoppiati con gusto ed equilibrio. Ma sono presenti anche insalate e miniporzioni di pasta.
La formula è efficace quanto economicamente scaltra, visto che i più golosi difficilmente si fermeranno prima dei 5-6 assaggi con evidenti aumenti del budget. Si parte infatti dal francesino base di 2.50 euro (hummus, pomodoro e avocado) a salire. Particolarmente riuscita la versione con salame e carciofi grigliata e quello salmone, crèime fraice e erba cipollina. Vasta la scelta vegetariana, anzi vegana, visto che i poveri vegetariani sembrano non esistere più, schiacchiati dall'invadenza ideologica dei secondi.
Tra i dolci vince a mani basse la semplicità devastante del pane e cioccolata, ricordo di adolescenza che non fa prigionieri.
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