Alice è il Grom della pizza a taglio? Anche meglio

Alice è il Grom della pizza a taglio? Anche meglio
di La redazione
Speciale

Gabriele Bonci, il guru della pizza romana, ne ha esaltato l’impasto e ha tenuto alcuni corsi proprio presso la sue aule didattiche. Ormai in Italia si conteranno un centinaio di punti vendita. Senza considerare che si ha notizia di attività aperte a Tel Aviv e Pechino. 
È Alice, l’uovo di Colombo: un “franchising artigianale” della pizza che ormai coinvolge eserciti di giovani pizzaioli, tutti interessati a sviluppare un prodotto che nel rapporto qualità/prezzo non ha concorrenti plausibili. 

Soprattutto la pizza di Alice mette d'accordo fanatici esigenti, cultori discreti e mangiatori occasionali. Insomma, una delle migliori storie di colonialismo gastronomico del nuovo millennio. Un modello pronto a imporsi anche a Milano, città dal rapporto alquanto conflittuale con la pizza al taglio. Provare per credere Alice Piazza Portello.

Il progetto originale affonda nei primi anni Novanta. La storia di Alice è legata alla figura di Domenico Giovannini. Da una piccola pizzeria vicino al Vaticano partono una serie di sperimentazioni che sono alla base del successo di oggi. Ciò che colpisce della catena è l’alto livello qualitativo dell’impasto. La pizza di Alice eleva infatti a standard il modello della migliore pizza a taglio capitolina: è croccante alla base e morbida in superficie, una nuvola di farina (sarebbe meglio dire “farine”) che non lascia mai appesantiti e che restituisce al palato le migliori fragranze del grano. 

Considerando la natura del prodotto, più ondivago è invece il risultato sui condimenti e le farciture. In quel caso molto dipende dal gestore, il quale spesso calibra l’offerta in base alla laidezza personale e al luogo in cui ha aperto. 
Anche in questo caso, difficilmente con Alice si va sotto certi standard, però vi è una grande differenza nell’entrare in pizzeria e scorgere le solite pizze margherita, al crostino o ai quattro formaggi,  oppure inebriarsi il naso con gli effluvi della cacio e pepe (pecorino a grani grossi con crema di pecorino e pepe sotto), della pizza con le melanzane fritte e lo speck, della pizza con i pomodorini freschi, le alici fresche, il peperoncino e il prezzemolo. 

Menzione di merito negli esercizi romani (su tutti il punto di Via Gabriello Chiabrera, vicino la fermata S. Paolo della metro B) anche ai supplì, il parente romano dell'arancino siciliano, più discreto nella forma, mai inferiore nel gusto. Alice è il posto giusto per provare supplì classici o dai sapori nuovi (con ‘ndujua, taleggio, cacio e pepe, eccetera). 

Infine, il particolare che conta di più. Alice non è il posto dove si filosofeggia di pizza. Nessun tritamento di gonadi su lievitazioni, filiera, varie ed eventuali: è la pizzeria per chi cerca i fatti. Ottimi impasti, buone materie prime e prezzi assolutamente in linea con quelli delle abituali pizze a taglio. 

La forza di Alice sta nei clienti – soprattutto impiegati, dipendenti e operai - che di solito danno l’assalto ai suoi punti vendita all’ora di pranzo e di cena. È la dimostrazione che a parità di tasche il rapporto tra masse e palato è ancora sano. 
     
Condividi

Potrebbe interessarti...