I 10 consigli di Giovanni Tesauro per una perfetta pizza in teglia

I 10 consigli di Giovanni Tesauro per una perfetta pizza in teglia
Speciale

Chi mi legge ormai lo avrà capito, negli anni di malattie croniche in cucina ne ho sviluppate fin troppe: dagli hamburger, al barbecue, fino ad arrivare alla panificazione, una delle mie passioni più radicate.
Sì, sono uno di quei pazzi furiosi che coccolano il lievito madre come se fosse un figlio, che tengono al fresco innumerevoli barattoli di farina di diversi mulini, e che i minuti di cottura li passano osservando il forno ed emozionandosi al crescere del pane.
Circa cinque anni di febbre da pizza, e non avevo ancora fatto un corso; nonostante le insicurezze e le evidenti lacune dovute ad una vita da autodidatta, mi spaventava l’idea di ritrovarmi immerso in una lezione insieme ad altre trenta persone, con attrezzature estranee al contesto casalingo, materia prima difficile da reperire e, non per ultimo, pagando pure cifre abbastanza elevate.

Poi arriva Giovanni Tesauro, in arte Giovapizza, e il suo corso personalizzato sul cliente.
Nel senso che siete tu, lui e due chili di impasto. Scopo della giornata: imparare a realizzare la miglior pizza in teglia in casa tua, con la tua attrezzatura, il tuo frigo, le tue ciotole e con ingredienti facilmente reperibili.

Classe 1980, se io mi definisco un pazzo furioso beh, Giovanni probabilmente per la panificazione ha perso del tutto la testa. E dopo anni di corsi, specializzazioni e collaborazioni con pizzerie e mulini, ha deciso di realizzare un format su misura per la gente comune, insoddisfatta delle circa 3 ore canoniche passate da professionisti del settore senza imparare nulla.

La pizza in teglia romana è un prodotto che sta vivendo un periodo di notorietà pazzesca, grazie anche alla condivisione mediatica di personalità come Gabriele Bonci e Renato Bosco, ma che dalle nostre parti è davvero difficile da trovare; in realtà, se non a Roma, si usa davvero pochissimo, ed è un peccato mortale: la crosta croccante e profumata, l’interno di una sofficità e leggerezza assoluta, la struttura alveolata e scioglievole al morso.

Chi lo conosce Giovanni sul blog o su youtube lo saprà, sforna prodotti decisamente fuori dal comune. Se la sua specialità è la pizza in teglia romana, aspettate di vedere la sua napoletana, il suo pane e qualche suo dolce.

Intanto beccatevi questi 10 consigli per una perfetta pizza in teglia, che vi condivido fresco fresco delle mie 4 o 5 ore in compagnia di Giovanni, in vui racconterà vita, morte e miracoli di questa versione del nostro piatto canonico (o della Napoletana, se scegliete il corso inerente).


Scegliere la giusta farina Lo vediamo ovunque e da anni: per troppo tempo la pizza è stata insultata e martoriata con farciture da denuncia e decapitazione, relegando l’impasto a una semplice base bianchiccia, pesante ed indigesta. Sia il pizzaiolo medio che il cliente devono imparare che qualsiasi lievitato nasce dall’unione di farina, acqua, lievito e sale, e senza una buona struttura non si va da nessuna parte. Alle farine forti e dalla lunga maturazione necessaria Giovanni preferisce quindi le Tipo 1 semi integrali (recente la sua collaborazione con l’ottimo gruppo della farina Viva) macinate a pietra naturale, che conservano tutte le sostanze nutritive della farina e donano al prodotto finito una consistenza ed un sapore impareggiabile. Persino una pizza bianca realizzata in questo modo manda letteralmente fuori di testa.

“Codificare i passaggi semplici” Sono le esatte parole di Tesauro, riassunte in un concetto molto semplice: la moda di oggi è l’utilizzo del lievito madre, di impasti indiretti, di idrolisi, water roux e quant’altro. A nulla serve l’insieme di un numero considerevole di variabili senza aver focalizzato lo scopo finale della ricetta. Il lievito madre ad esempio dona quel sapore dolciastro e acidulo e quella struttura propria perfetta per il pane, mentre gli impasti indiretti per mezzo del poolish sono ottimi per una buona focaccia. Ma sulla pizza in teglia, condita e stracondita, un sapore caratteristico dell’impasto si sentirà ben poco; occorre quindi concentrarsi sulla struttura, e sulla realizzazione di un ottimo impasto diretto che, credetemi, non ha nulla da invidiare a tutto il resto.


Non aggiungere grassi all’impasto Stesso motivo: lo scopo è creare una linea di distinzione tra impasto e condimento, evitando di aggiungere grassi che potrebbero appesantire la struttura e rendere difficoltosa la formazione di quell’alveolatura fondamentale per una buona pizza in teglia romana.

Sfruttare bene l’elevata idratazione dell’impasto Per definizione, la teglia romana ha una percentuale di idratazione che va dal 75 all’85%, calcolato sul totale della farina. Tale valore varia ovviamente in relazione alla farina utilizzata, alle condizioni di umidità e temperatura esterna e a molti altri concetti, ma è essenziale far assorbire bene la quantità utilizzata dalla farina durante l’impastamento, ed evitare di superare l’85% per evitare che in cottura l’eccessiva umidità interna renda l’impasto pesante e gommoso.

Utilizzare un’impastatrice Ve lo dice un fanatico degli impasti a mano, per la teglia romana c’è poco da fare, senza impastatrice non si va troppo lontano. Anche facendosi aiutare dal tempo, dall’autolisi e da altri trucchi del mestiere, niente supera l’energia cinetica di una buona macchina che, con un’idratazione così elevata, è indispensabile sia per formare una solida maglia glutinica che per raffinare l’impasto rendendolo lavorabile con facilità sul piano senza aggiungere altra farina.

Imparare a maneggiare l’impasto Non ve lo nascondo, abituato agli impasti a mano (gestibili in maniera completamente diversa) questa è la fase in cui le difficoltà si fanno sentire. L’esperienza, le prove, le sperimentazioni e gli anni passati a maneggiare impasti sono fondamentali, come lo è il venire indirizzati verso il giusto metodo, uno dei motivi principali per cui vi spingo a fare questo corso. Al termine dell’impastamento così come dopo lo staglio (la formazione dei panetti a seguito della prima fase di lievitazione, la puntata), chiudere l’impasto nella maniera corretta è fondamentale per permettergli di crescere uniformemente e di sviluppare una buona struttura.

Calcolare bene i tempi di maturazione L’errore che in tanti commettono, e motivo di tantissimi disagi causati dalle cene presso pizzerie dalla dubbia qualità. Il grano è un cereale con un alto contenuto di glutine, e un buon impasto deve maturare almeno 24 se non 48 ore, utilizzando il frigorifero per rallentare (o addirittura bloccare) la lievitazione ed evitare di renderlo esausto. Non esagerate con le ore, non serve a nulla, e nei frigoriferi casalinghi è anche controproducente: uno o due giorni bastano e avanzano per un prodotto finito leggero, alveolato e digeribile.


Imparare a stendere l’impasto La stesura è il secondo passaggio fondamentale, e il cui corretto indirizzamento di Giovanni si fa ancora sentire. Anzitutto è importante sapere quando l’impasto ha raggiunto il corretto grado di maturazione: non deve essere né troppo teso né completamente prolassato, e lo si vede anche al momento di ribaltarlo sul piano. L’esperienza poi, vi insegnerà a stenderlo usando i polpastrelli, spostando semplicemente l’aria senza rovinare tutto il lavoro che avete fatto in precedenza. Ottimizzare questa fase vi aiuterà ad avere un grosso rendimento, sfruttando tutta la struttura che si è formata durante le ore di maturazione. Utilizzate poi la semola rimacinata di grano duro, non la farina: vi aiuta notevolmente, in quanto la sua grana fine diminuisce l’attrito con il piano di lavoro, e inoltre assorbe l’umidità in eccesso permettendovi di rendere impermeabile l’impasto e staccarlo bene dalla teglia, tostando poi in cottura e migliorando il sapore della pizza.

Utilizzare le giuste teglie La teglia migliore per l’uso sia professionale che casalingo è quella in ferro blu. Evitate le antiaderenti (se non di ottima fattura) e allontanatevi il più possibile dall’alluminio: ciò che vi serve è una grande quantità di calore che sappia penetrare la teglia e rendere croccante l’impasto, e delle ottime teglie in ferro blu sono l’ideale per questo scopo. In caso contrario vi troverete con un prodotto molto diverso da quello ricercato, perché la reazione di Maillard (sempre lì torniamo) non è avvenuta nella maniera corretta.

Conoscere il proprio forno C’è poco da fare, ogni forno vive di vita propria; il trucco è di conoscerlo fino in fondo per sfruttarne al massimo le potenzialità e simulare il comportamento dei forni professionali. La cottura della pizza in teglia romana prevede almeno 250 °C, meglio se 300 o più; dovete essere sicuri che i gradi indicati dal termostato siano reali (munitevi magari di un termometro a sonda per accertarvene), ma soprattutto cercate di capire se platea e cielo fanno il vostro dovere e in che misura. Uno dei metodi più usati è quello di tenere la teglia sul fondo del forno finché la base non si colora nel modo giusto, per poi terminare il condimento spostandola al centro o addirittura nella parte più alta.
 
Insomma, questo era un piccolo assaggio di quanto potrete imparare con una semplice mezza giornata in compagnia di Giovanni. E credetemi, rispetto alle 3 ore nel mucchio in cucine professionali ciò che vi portate a casa è ben diverso.
E poi chiariamoci, la pizza è pizza, e bisogna renderle omaggio.
 
Condividi

Potrebbe interessarti...